Autore:
Dott. Gianfranco Sindaco (Algologo)
Unita’ Operativa di Medicina del Dolore, Ospedale Privato S.M.Maddalena, Occhiobello (RO) Spine Center e Medicina del Dolore, Ferrara

Il bell’articolo ”Dutch Multidisciplinary Guideline for Invasive Treatment of Pain Syndromes of the Lumbosacral Spine” pubblicato su Pain Practice a giugno 2015 ci ha molto colpito, perchè permette di mettere a fuoco un problema  presente nella pratica clinica di chi, come noi, si occupa di dolore di origine vertebrale e che crediamo ricada sui pazienti che si affidano ai vari specialisti.

Ed è per questo motivo che abbiamo ritenuto necessario rispondere agli autori della rivista portando il nostro punto di vista, che qui riassumiamo:

Molte figure professionali si dedicano a quest’ampia area di interesse e la IASP, nel suo auspicabile progetto di multidisciplinarietà della gestione del dolore, le ha elencate e messe in relazione tra loro.

A nostro avviso, quello che però avviene nella realtà di ogni giorno, non è una vera gestione multidisciplinare, ma al più una gestione multi specialistica, cioè non armonizzata e con competenze non integrate. Ne consegue purtroppo un frequente disorientamento del paziente che riceve indicazioni diverse a seconda dello specialista che va ad interpellare.

L’algologo, il riabilitatore, il chirurgo vertebrale, lo psicologo e il neurologo, solo per elencare le principali figure, continuano a parlare linguaggi diversi e a seguire percorsi diagnostici e terapeutici differenti, affinandoli sempre più con il percorso della medicina basata sulle prove di evidenza.

Ma se le definizioni operative iniziali e le prospettive da cui guardare il complesso fenomeno del dolore rachideo sono diverse (a volte biomeccanico, a volte neurofisiologico, a volte funzionale, altre psicosociale), qualsiasi affinamento delle evidenze cliniche rimarrà incomprensibile ed inutilizzabile dalle altre figure professionali.

Inoltre, l’attuale multidisciplinarietà nella gestione del dolore si limita all’integrazione dell’approccio riabilitativo con quello psicologico, ed entrambi, in opposizione al trattamento chirurgico.

L’enorme aumento delle tecniche interventistiche mini invasive, così come della terapia chirurgica micro e mininvasiva, entrambe con una qualità di evidenza sempre in crescente miglioramento, sta portando però a ripensare la multidisciplinarietà nel suo reale significato così come inteso dalla IASP. Crediamo infatti che la vera multidisciplinarietà non possa realizzarsi senza   condividere le scoperte della moderna neurobiologia del dolore, della biomeccanica, del controllo neuromuscolare del rachide  e senza una condivisa  classificazione del dolore spinale, con conseguente indirizzamento dei pazienti verso percorsi clinici differenti e mirati sul tipo specifico di dolore rachideo.

L’importanza di vedere tre società scientifiche danesi (anestesiologica, ortopedica e neurochirurgica) unire le proprie forze e redigere un documento comune, che parta da definizioni condivise, è per noi un importante passo avanti.

Crediamo che si debba proseguire in questa direzione per tutta la patologia del rachide (non solo per il low-back pain) integrando, ad esempio, nel dolore radicolare fenomeni come il dolore neuropatico, che ancora oggi in molti ambienti è non considerato. Riteniamo inoltre che vada integrato, come la letteratura evidenzia, con la valutazione e terapia riabilitativa e psicologica.

La nostra proposta pratica, che è anche il nostro reale modello operativo, è stata quella di creare un “Multidisciplinary Spine-Center”, che integri le varie figure professionali, valuti il dolore rachideo nel suo aspetto realmente multidisciplinare partendo da un razionale comune, che abbia percorsi clinici differenziati ma integrati e che preveda spazio di condivisione delle esperienze dei vari specialisti.

Partendo dalla letteratura scientifica di maggiore evidenza, dalle raccomandazioni della IASP  e dalle linee guida delle varie società scientifiche (14-15), abbiamo pertanto creato un percorso diagnostico e terapeutico che ha integrato la valutazione algologica, chirurgica, riabilitativa e psicologica in modo differenziato a seconda dei vari casi. Abbiamo anche istituito un registro di follow-up per valutare i risultati e ci proponiamo di pubblicare la casistica.

Riteniamo, inoltre, che la ricerca clinica dovrebbe spingersi non più ad elencare le varie tecniche terapeutiche disponibili per una condizione clinica, ma entrare nel “timing” della scelta terapeutica, distinguendo i casi in base alle caratteristiche cliniche e neurofisiologiche del dolore, integrandole con anatomia e biomeccanica della lesione, capacità funzionali e adattamento psico-sociale del paziente, cercando cioè di capire i meccanismi patogenetici della sintomatologia dolorosa e se l’eziologia e l’adattamento sotteso siano progressivi o autolimitantesi.

Consci della possibile provvisorietà dei percorsi proposti, crediamo però che solo iniziando a pensare realmente in modo multidisciplinare e confrontando i risultati sul campo si potrà fare più chiarezza su come inquadrare e come trattare il variegato universo del dolore rachideo, tenendo anche in considerazione le aspettative del paziente nella scelta della indicazione terapeutica, specie se invasiva.

E’ per questo motivo che per noi, lo Spine-Center, non è solo un affinamento clinico, ma uno strumento necessario ed indispensabile per affrontare una patologia così multiforme e complessa come il dolore del rachide.