Dott. Filippo Murina
Il dolore pelvico cronico (CPP) è una condizione comune del sesso femminile. Indagini epidemiologiche condotte nel Regno Unito hanno evidenziato una prevalenza del 3.8% in donne dai 15 ai 73 anni. Analogamente in Italia si è ritrovato un 4% di donne aventi un dolore pelvico non ciclico con intensità da moderata a severa; infine negli USA si è stimato come 9.2 milioni di donne soffrono di CPP.
Alcuni numeri fotografano in modo drammatico la sottovalutazione del problema, con un overtreatment quasi sempre non solo inutile, ma invalidante l’equilibrio psicofisico delle pazienti.
Un atteggiamento chirurgico è comune: negli USA il CCP è indicazione del 17% delle isterectomie, e di più del 40% delle laparoscopie diagnostiche. Il CPP può essere definito come un dolore persistente o ricorrente, associato a sintomi delle basse vie urinarie, a sintomi indicativi di disfunzioni sessuali, intestinali, ano-rettali, ginecologiche, senza riscontro obiettivo di infezioni né di altre patologie.
La diagnosi di CPP pertanto comporta l’esclusione di patologie neoplastiche, neurologiche, infettive/infiammatorie, litiasiche e traumatiche a carico degli organi bersaglio. All’origine del CPP si ritrova una condizione di dis-regolazione del sistema delle afferenze provenienti dall’area pelvica.
La trasmissione del dolore dalla periferia ai centri cerebrali corticali superiori, passando per il midollo spinale, non è un processo semplice e passivo che coinvolge vie esclusive.
La relazione fra uno stimolo algico e il modo in cui esso è percepito da un individuo è drasticamente influenzata dai circuiti nervosi all’interno del midollo spinale e del cervello.
Mentre viene trasmessa dalla periferia alla corteccia, la sensazione di dolore viene anche modulata a livello segmentale e con un controllo discendente dai centri superiori, in un processo in cui i principali neurotrasmettitori coinvolti sono la serotonina, la noradrenalina e gli oppioidi endogeni.
La varietà dei sintomi riscontrabili nel CPP possono essere fatti risalire ad una disfunzione del sistema somato-sensoriale, caratterizzata da una sensibilizzazione periferica e centrale, correlata ad un processo infiammatorio di tipo neurogenico, dove elemento cellulare fondamentale è il mastocita.
I bersagli potenziali del CPP nella donna sono gli organi pelvici e dalle funzioni da questi espletate, e dalla muscolatura della pelvi che svolge funzioni di supporto agli organi e di coordinamento delle loro funzioni.
Sotto il profilo clinico, il CPP è caratterizzato da due processi sensoriali anomali, detti “iperalgesia” e “allodinia”. Per “iperalgesia” si intende una risposta amplificata a un stimolo doloroso in sé normale, dovuta alla moltiplicazione delle fibre del dolore e quindi ad un’amplificazione delle “antenne” che captano lo stimolo potenzialmente nocivo. Per “allodinia” si intende il viraggio della percezione dello stimolo da tattile a doloroso urente, dovuta alla dislocazione delle fibre del dolore, che da profonde nel tessuto si superficializzano verso gli strati esterni della mucosa. Molteplici definizioni vengono usate per identificare il CPP, in relazione all’organo che è più sintomatico nella funzione che risulta più disturbata (Fig1).
Un’importante e spesso sotto diagnosticata componente del CPP è la vulvodinia.
L’International Society for the Study of Vulvovaginal disease (ISSVD) definisce la vulvodinia come un disturbo vulvare spesso descritto come bruciore, dolore o dispareunia, in assenza di alterazioni obiettive visibili di un qualche rilievo o di specifici disturbi neurologici clinicamente identificabili, della durata di almeno 3 mesi (Fig2) .
Nella maggior parte delle pazienti (80% circa) il vestibolo vaginale è la sede dove è concentrato il bruciore: in questi casi si parla di vestibolodinia o vestibolite vulvare (VB).
Le terminazioni libere del nervo pudendo hanno una fitta ramificazione nel vestibolo vaginale, in misura maggiore rispetto a quanto avviene nella vagina. Queste sono di fatto i recettori del dolore e si trovano subito al di sotto della mucosa, formando un intreccio di reti sensitive pronte a trasmettere gli stimoli sensitivi al midollo spinale. La valutazione istologica della mucosa vestibolare di pazienti con VB ha evidenziato un incremento numerico e volumetrico delle terminazioni nervose nello stroma in stretta adiacenza all’epitelio, rispetto a soggetti non affetti da malattia.
L’NGF appare essere una molecola chiave nell’orchestrazione dell’infiammazione neuropatica; il mediatore è rilasciato da diverse cellule a seguito di un insulto tissutale, ed ha numerosi ruoli di tipo pro-infiammatorio. L’NGF induce iperalgesia nelle terminazioni nocicettive attraverso un meccanismo diretto, ed indirettamente tramite lo stimolo alla produzione di altre neurotropine algogene.
Le principali cellule che liberano NGF sono i mastociti; questi elementi contengono numerosi granuli stipati nel citoplasma che andando incontro ad un processo di de-granulazione, riversano in sede tissutale numerosi mediatori pro-infiammatori, tra i quali in elevate quantità l’NGF.
Nelle donne con vestibolodinia è stata evidenziata un’elevata concentrazione di mastociti, soprattutto in forma de-granulata; l’infiltrato infiammatorio mastocitario è concentrato nella sottomucosa, in particolare in zone adiacenti alle terminazioni nervose.
Fattori trigger dell’infiammazione neurogenica possono essere vari e sovrapponibili. Ripetuti stimoli fisici, chimici e meccanici attivano i mastociti locali provocandone la degranulazione, con conseguente secrezione dei mediatori che sensibilizzano e inducono la proliferazione delle fibre nervose nocicettive.
Si è evidenziato come l’ipersensibilità al dolore in disturbi funzionali quali la sindrome fibromialgica ed il colon irritabile, è correlata ad un incremento dell’attivazione di aree cerebrali da parte di stimoli solitamente non dolorosi.
La terapia moderna della VB deve prevedere un approccio personalizzato e multimodale costruito in relazione alle caratteristiche di malattia della singola paziente, pur seguendo degli obiettivi comuni correlati ai meccanismi fisiopatologici che la generano (Fig3).
Farmaci quali l’amitriptilina o la gabapentina, e terapie fisiche quali la stimolazione nervosa elettrica transcutanea (TENS) si sono dimostrati efficaci nel ridurre iperalgesia e l’allodinia, espressione della sensibilizzazione centrale e periferica.
La TENS, in particolare, tecnica innocua e facilmente riproducibile, ha evidenziato un tasso di risposta positiva del 65-70%, purché utilizzata con adeguati parametri di stimolazione e per una sufficiente durata. L’amitriptilina è il farmaco maggiormente utilizzato nella VB, e seppur parzialmente efficace (47% risposta positiva), risente della difficoltà nel raggiungimento di un dosaggio terapeutico ottimale, per la frequente comparsa di effetti collaterali (sedazione, stipsi ed incremento ponderale).
Utile può essere l’associazione di più principi attivi per ottenere un effetto sinergico, con minori effetti collaterali.
Quando l’ipersensibilità vestibolare è molto localizzata con prevalente dispareunia, può essere utile l’infiltrazione sottomucosa del trigger point con corticosteroidi associati ad anestetici locali.
Il razionale è agire nei confronti della flogosi perineurale, con un’associata azione desensibilizzante operata dall’anestetico nei confronti dell’amplificato firing neuronale.
Questa tecnica può avere buoni risultati (sino 60% risposta positiva) purché si selezionino in modo accurato le pazienti da sottoporvi. Un ampio spettro di tecniche possono essere utilizzate per ridurre l’iperattività della muscolatura del pavimento pelvico sovente associata al dolore vulvare: esercizi di rilassamento, massaggio interno (vaginale) ed esterno, pressione sui trigger point, biofeedback elettromiografico e dilatatori vaginali.
Spesso le pazienti non hanno “consapevolezza” dei loro muscoli pelvici: abituarsi a percepirne le tensioni durante la giornata è il primo passo per imparare a mantenerli rilassati.
Il muscolo elevatore dell’ano iperattivo può essere rilassato grazie all’iniezione intramuscolare di tossina botulinica.
L’azione primaria della neurotossina botulinica è la chemiodenervazione del muscolo tramite il blocco del rilascio presinaptico di acetilcolina alla giunzione neuromusculare, con conseguente paralisi (reversibile) del muscolo stesso; recentemente è stata dimostrata anche un’azione nocicettiva diretta della tossina, portando ad utilizzarla anche come farmaco alternativo ai corticosteroidi + anestetici locali nell’infiltrazione dei trigger points vestibolari.
La vulvodinia è una sindrome ad eziologia multifattoriale. La malattia deve essere affrontata con strategie personalizzate multimodali, che tengano presente le frequenti co-morbidità che contraddistinguono la sindrome da dolore pelvico cronico.
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