Autore:
Dott. Matteo Zanella (Algologo) – Unita’ Operativa di Medicina del Dolore, Ospedale Privato S.M.Maddalena, Occhiobello (RO) – Spine Center e Medicina del Dolore, Ferrara

 

É attorno agli anni ‘70 che l’ecografia approda in Italia come metodica diagnostica, vedendo cardiologi e ginecologi tra i primi ad approcciarvisi intuendone le potenzialità. Successivamente, grazie alla maggiore diffusione della tecnica ed al miglioramento dello strumento, mostrano interesse anche radiologi, internisti e chirurghi, rendendo l’esame ecografico routinario, di facile reperimento e con applicazioni interventistiche sempre maggiori.

Solamente negli anni ‘90 la comunità anestesiologica comincia a diffondere l’utilizzo degli ultrasuoni nella pratica dei blocchi nervosi periferici prima e centrali poi, mostrando come strutture considerate non valutabili ecograficamente in realtà potessero esserlo. La frequente coabitazione dell’anestesista e dell’algologo nella medesima persona o negli stessi luoghi comporta un lento avvicinamento anche della medicina del dolore all’ecografia.
E’ così che negli anni 2000 si cominciano ad apprezzare le prime tecniche interventistiche nel dolore persistente e cronico attraverso ecoguida, con un incremento costante della sua diffusione e della letteratura a sostegno.

Importante lavoro a supporto degli ultrasuoni nelle tecniche interventistiche in medicina del dolore è sicuramente stato Ultrasonography in Pain Practice: A Critical Review del 2008 di Michael Gofeld (1), in cui venivano descritti i vari approcci e il loro livello di evidenza.

Tra questi quelli più significativi e di interesse anche attuale sono:

  • l’iniezione di corticosteroidi nello spazio epidurale per via traslaminare con ecoguida, tecnica possibile ma il cui unico vantaggio rispetto alla metodica alla cieca è l’identificazione certa del livello. Tuttavia, poiché la struttura ossea assorbe totalmente l’energia dell’ultrasuono, non è possibile visualizzare in modo preciso la diffusione del medicamento nello spazio peridurale, rendendo quindi questa tecnica meno precisa di quella sotto controllo radiologico;
  • l’iniezione caudale, metodica di facile apprendimento e che può avvalersi del Doppler come strumento di verifica della deposizione del farmaco nel canale sacrale. In deroga al successo del corretto posizionamento dell’ago, questo metodo ha gli stessi difetti della metodica precedente, cioè l’incapacità di avere traccia della diffusione della soluzione iniettata al di là del sito di iniezione;
  • l’iniezione transforaminale (periradicolare) lombare, in cui vi è la possibilità di posizionare l’ago all’interno del forame di coniugazione con controllo ecografico (2), presenta solo due principali svantaggi.
  • Il primo è l’incapacità di confermare l’avanzamento del farmaco nello spazio epidurale ventrale, (ad esempio, in presenza di stenosi foraminali) anche se comunque è possibile capire la direzionalità della sostanza con il doppler; il secondo è il rischio potenziale di somministrazione intravascolare (intraarteriosa) di uno steroide particolato. Un liquido iniettato di solito è visto con gli ultrasuoni e l’iniezione intravascolare può quindi essere prevenuta in determinate situazioni. Tuttavia, questo problema è estremamente difficile da individuare se si verifica in profondità nei tessuti del tratto lombare, e l’iniezione di una quantità anche minuscola di farmaco particolato nell’arteria radicolare può essere dannoso per il paziente. Oggi questa evenienza non dovrebbe comunque presentarsi per la mancata approvazione dell’uso di corticosteroidi deposito per lo spazio peridurale;
  • l’iniezione transforaminale (periradicolare) cervicale, procedura caratterizzata da una sonoanatomia più riconoscibile rispetto al tratto lombare, ma con un margine di errore molto ridotto per la nobiltà delle strutture vicine. I rischi sono sovrapponibili all’iniezione transforaminale lombare, ma data la possibilità di visualizzare l’arteria vertebrale, che deve essere sempre in visione durante l’intera procedura, l’iniezione intravasale risulta essere meno probabile;
  • il blocco del nervo grande occipitale: utile come test diagnostico, risulta essere di non sempre facile esecuzione;
  • l’iniezione intrarticolare delle faccette zigoapofisarie lombari e del blocco test della branca mediale, che risultano essere le metodiche ecoguidate con il più alto grado di evidenza e tra le prime ad essere descritte. Riconoscono come unica vera limitazione l’obesità e in comune con la tecnica radioguidata le alterazioni degenerative strutturali;
  • il blocco del ganglio stellato, già descritto nel 1995 da Kapral et al. (3), riportato come una tecnica sicura grazie alla visualizzazione diretta del target, di tutte le strutture nelle vicinanze dell’ago e la diffusione di anestetico locale;
  • il blocco del nervo sovrascapolare, che con un alto livello di evidenza, rapidità di esecuzione e buona precisione risulta essere una tecnica consolidata nell’applicazione dell’ecografia in medicina del dolore;
  • il blocco dei nervi intercostali, raramente visibili in ecografia perché si trovano nei pressi o sono coperti dal margine caudale della costola. E’ comunque eseguibile con sicurezza, poiché la pleura può essere chiaramente visualizzata evitando il rischio di pneumotorace;
  • il blocco del plesso celiaco, apparso per la prima volta in letteratura nel 1983 (4), con l’approccio per via anteriore non richiede né particolari strumentazioni né formazione gastroenterologica;
  • il blocco del nervo ilioinguinale e ileoipogastrico, utile nella diagnosi del dolore cronico nella zona ileoinguinale e scrotale, che può verificarsi dopo interventi di chirurgia addominale inferiore. Tali strutture nervose sono generalmente facilmente riconoscibili ecograficamente divenendo target infiltrativi.

Altri campi di interesse nella pratica infiltrativa con guida ecografica sono sicuramente le grandi e piccole articolazioni e molte strutture tendinee. Infatti la possibilità di riconoscere con precisione la struttura bersaglio, verificare in real time l’infusione del farmaco e la sua corretta applicazione nel pain generator, oltre che ridurre di molto il rischio di punture accidentali di strutture vicine, ne ha fatto crescere l’interesse clinico.

Una categoria che molto si è spesa negli ultimi anni nello studio e nell’applicazione dell’ecografia nella pratica quotidiana è quella dei reumatologi. Grazie all’utilizzo di macchine sempre più performanti, con sonde ad alta frequenza con possibilità di studiare strutture molto superficiali, riescono a visualizzare i fenomeni infiammatori tessutali/articolari (grazie al power doppler) e l’evoluzione degli stessi in seguito alla terapia.
Nel 2014 (5) un gruppo di reumatologi francesi ha pubblicato un’interessante review che si pone a sostegno degli ultrasuoni nello studio del rachide e come utile metodica in alternativa alla fluoroscopia.

Da alcuni anni il nostro gruppo ha introdotto nell’attività quotidiana l’utilizzo routinario dell’ecografia come guida interventistica, permettendo un ampliamento delle possibilità interventistiche ambulatoriali. Si è cosi in poco tempo abbandonata l’infiltrazione peridurale alla cieca, lasciando spazio all’infiltrazione radicolare foraminale, molto più selettiva e precisa. Rapidamente si sono aggiunte tecniche quali le infiltrazioni faccettarie e della branca mediale, sia del tratto lombare che cervicale, prima legate all’utilizzo dell’amplificatore di brillanza e l’approccio alla maggior parte delle articolazioni di interesse algologico. A fronte di un entusiasmo iniziale, affinando successivamente tecnica e metodica, ci si è accorti di come l’ecografia ci abbia facilitato nella gestione del paziente, aumentando il ventaglio terapeutico ambulatoriale e la sicurezza.

Quotidianamente si riescono ad effettuare infiltrazioni caudali con buona visione in doppler del flusso del farmaco, piuttosto che blocchi anestetici attendibili dell’articolazione sacroiliaca, come descritto in un recente articolo di Neilesh Soneji (6) che ritiene la metodica del tutto sovrapponibile all’infiltrazione sotto controllo fluoroscopico.

E’ in questo clima di interesse diffuso che Advanced Algology Research decide di inserire nella propria proposta formativa, a partire dall’aprile 2015 in due sessioni distinte, due corsi dedicati all’ecografia in algologia. Il corso di I livello della durata di un giorno, rivolto a chi non ha una precedente esperienza, permette al partecipante di acquisire conoscenze sull’utilizzo delle apparecchiature, sulla scelta delle apparecchiature e delle sonde più adatte per l’impiego specifico, sul settaggio della macchina ecografica e sulle indicazioni ed applicazioni della guida ecografica nelle procedure infiltrative.

La parte pratica del corso permette di consolidare le nozioni apprese nel corso teorico attraverso diverse stazioni hands on. Il corso di II livello, della durata di 2 giorni, è aperto a chi abbia già documentabili esperienze di ecografia (in seguito al superamento di un test di idoneità) o abbia già partecipato al corso di primo livello. L’accesso al corso è riservato ad un numero di iscritti contenuto, per poter gestire con efficacia la parte pratica, della durata di due giorni. Nella sessione teorica vengono affrontati argomenti di anatomia, sono-anatomia e descrizione delle tecniche infiltrative specifiche per ogni distretto. Durante la sessione pratica i corsisti vengono suddivisi in piccoli gruppi e, con la guida di un tutor, ogni partecipante approfondisce ed esegue  tecniche di scansione per i vari distretti corporei su modelli.

Questo primo anno ha visto il partecipare di 53 medici suddivisi nei due livelli e nelle due sessioni, mantenendo sempre un numero adeguato di discenti e con un gradimento degli iscritti documentato molto alto.

Nell’anno 2016 Advanced Algology Research ha quindi deciso di mantenere in calendario i corsi e si sta impegnando perla messa in opera di un corso di III livello che possa prevedere un cadaver lab e una successiva frequenza presso gli ambulatori ecografici della Medicina del Dolore.

La sfida attuale per il nostro gruppo di ricerca è quella di poter migliorare e affinare le tecniche di studio e di approccio al rachide mediante ultrasuoni, grazie ad una stretta collaborazione con aziende leader nel settore ecografico che credono in questo progetto. L’assenza di esposizione a radiazioni ionizzanti, la facilità di reperimento dello strumento e il continuo susseguirsi di innovazioni tecnologiche, rende l’ecografia una tecnica imprescindibile nella moderna algologia e lo sforzo nella sua diffusione ed applicazione deve essere massimo.