Avevo diciassette anni quando comprai American Psycho nella libreria del mio quartiere.
E ricordo benissimo di essere entrata con la certezza indissolubile di voler acquistare proprio quel libro come quando si va dal fornaio per comprare il pane.
Era l’ultimo anno del liceo e il nostro professore di storia e filosofia aveva citato l’espressione “colletti bianchi” troppe volte per non sapere di cosa stesse parlando.
“Se non sapete cosa siano gli yuppie e ancora li confondete con gli hippie, se non sapete cosa sia Wall Street e cosa siano gli anni 80, fate una cosa buona, leggetevi e guardatevi American Psycho”.
E così sia.
La sua lettura si è interposta tra la fine delle vacanze di Natale e l’inizio della preparazione all’esame di maturità e comunque si prendeva il suo giusto spazio.
Mi ha rapita e rinchiusa nella dimensione della superficialità tra i racconti nudi e crudi di un personaggio psycho tutta mente e niente anima. Un colletto bianco che bene rappresenta il capitalismo finanziario di quegli anni e che si fa carico di quella vita limbica in cui gli yuppie vivevano tra sesso, droga e soldi.
Avevo diciassette anni quando scaricai American Psycho dal vecchio computer di casa.
E ricordo benissimo la certezza con cui mi accingevo a guardare un prodotto che non avrebbe retto minimamente il confronto con il libro da cui era tratto, di una regista sconosciuta con un Christian Bale ancora troppo giovane.
Sono stati sufficienti i primi quindici minuti per capire di poter sfatare i pregiudizi e abbandonarmi a Christian Bale che nei panni di Patrick Bateman ha dipinto il giusto volto, spietato e omicida, di quella condizione agrodolce tutta americana. Un Mr Hyde all’ennesima potenza, terribile e horror.
Riprendo le parole del mio professore e le dico a voi: se non sapete cosa siano gli yuppie e ancora li confondete con gli hippie, se non sapete cosa sia Wall Street e cosa siano gli anni 80, fate una cosa buona, leggetevi e guardatevi American Psycho. Sia libro che film, perché per una volta ci troviamo di fronte allo strano caso in cui il film è all’altezza del libro.